La prima cosa che tutti i possibili clienti o datori di lavoro chiedono a chi si occupa di graphic design è il portfolio. Però, anche se hai già al tuo attivo dei lavori molto riusciti, non sempre è facile capire come raccontarli per rendere evidente il loro valore.
Capita molto spesso di vedere profili di portfolio di designer, anche di livello, che si limitano a semplici immagini o grafiche. Una modalità di racconto che si adatta bene ai social generalisti, ma risulta un po’ superficiale se la adotti anche su piattaforme professionali come Behahce.
Sai qual’è il rischio? Che chi guarda, e magari cerca una soluzione a una sua esigenza o a un problema particolare, non riesca a capire se davvero tu sei la persona giusta per risolverlo. Scorre una gallery di immagini più o meno efficaci, e, a quel punto, è solo il gusto soggettivo a guidare l’attenzione.
In questo articolo allora ti spiego come creare in maniera efficace un caso studio: dal concept agli strumenti. E per farlo creo con te un caso studio davvero speciale …
Iniziamo dagli strumenti: Behance è un ottimo editor
Tutte le volte che voglio creare un caso studio per il mio portofolio utilizzo Behance, la piattaforma di condivisione di contenuti più conosciuta da chi si occupa di graphic design.
Te ne ho già parlato di sicuro molte volte, ma ribadisco che, anche se passano gli anni, rimane un posto davvero molto figo!
Ci puoi trovare, ovviamente, tanti contributi di designer di ogni ambito e di ogni paese del mondo. Quindi è davvero preziosa se stai cercando idee, ispirazione, vuoi aggiornarti sui vari trend.
È un’ottima vetrina per i tuoi lavori ma soprattutto, e qui volevo arrivare, è anche un validissimo editor. Per questo, anche quando devo caricare casi di studio sul mio sito, parto sempre da qui.
Quindi apro il mio profilo Behance: se vuoi andarlo a sbirciare noterai subito che ci sono alcuni casi studio, come quello di Pitzus. Questo è quello che io considero un “caso studio”: c’è tanto materiale che racconta tutte le scelte fatte per il brand, le motivazioni, le varianti, le varie applicazioni.
Anche nel mio profilo, però, c’è qualche esempio di quello che, invece, non si può definire un caso studio: una grafica o due, magari solo il logo, qualche stralcio di progettazione e il mockup del biglietto da visita. Da un contenuto di questo tipo si può sicuramente capire la preparazione tecnica e l’occhio estetico di chi ha eseguito il progetto, ma si perdono tante cose: le richieste del cliente, i limiti, i problemi. E quindi le capacità messe in campo per superarli e per trovare la soluzione perfetta per quelle esigenze.
Visto che il mio profilo aveva bisogno di essere aggiornato e arricchito ho deciso di usare questa occasione per caricare il mio caso studio più grande, più impegnativo, più riuscito. In una parola: Grafigata!
Costruiamo un caso studio da zero: come raccontare Grafigata
Come ti anticipavo ho deciso di costruire da zero tutto il caso studio che riguarda Grafigata a partire dall’editor di Behance.
Se anche tu apri il tuo profilo e vai in modifica di un progetto puoi vedere tutte le funzioni di cui dispone, e sono davvero tante. Ad esempio hai la possibilità, attraverso diversi blocchi, di inserire:
- testo
- immagini (e fin qui …)
- video
- script (quindi hai la possibilità di incorporare una grande varietà di contenuti, anche multimediali)
- oggetti 3D
- NTF
- prototipi
- immagini importandole direttamente da Lightroom
Per quanto riguarda l’aspetto generale puoi modificare lo stile del progetto, personalizzando ad esempio il colore di fondo o la spaziatura.
Adesso che hai chiari gli strumenti possiamo cominciare insieme a costruire un caso di studio. Partiamo da quegli elementi che non possono mancare
Cosa inserire sempre in un caso studio per il tuo portofolio da designer
Cominciamo dall’elemento che, forse, è scontato: in un buon caso studio da mettere nel portfolio di un graphic designer ci devono essere molte immagini.
Ok, adesso tu pensi di certo che non avevi bisogno di leggere l’articolo per scoprirlo. L’importante però è focalizzarsi su come vanno scelte queste immagini. Non si tratta infatti di inserire quelle più d’effetto, o di inserirne milioni.
Il mio consiglio, invece, è di scegliere immagini che aiutino a capire bene, in modo chiaro e completo, quale percorso hai seguito nel progetto in questione. Devono essere tante, ma non troppe: il rischio, altrimenti, è quello di confondere chi guarda e disperdere la sua attenzione.
Quindi scegli tutte quelle che non sono ripetitive: a 5 varianti di un biglietto da visita preferisci mockup di applicazioni tutte differenti di una brand identity. Così riuscirai a far capire come è stato declinato il tuo progetto.
Un altro tassello che non può mancare nella costruzione del tuo caso studio è un ordine logico. Dal momento che descrivere bene tutto il processo che porta a completare un progetto significa raccogliere parecchio materiale, chi lo guarda deve trovare uno stimolo per arrivare fine alla fine.
Tutto dev’essere logico e scorrevole. Quindi magari è giusto iniziare mostrando fasi di sketching o il percorso che porta alle scelte tipografiche. Questo però non vuol dire che, proprio all’inizio della presentazione, tu non possa scegliere di inserire qualche contenuto che rende l’idea del progetto nel suo complesso. Serve infatti una sorta di introduzione che faccia capire a colpo d’occhio quale sarà l’ambito in cui ti muovi.
Per quanto riguarda il caso studio che rimane sul tuo profilo Behance ti suggerisco di fare in modo che tutte le immagini siano separate. Se le immagini restano separate, infatti, si possono scorrere sia scrollando in verticale sia in forma di gallery. In pratica, cliccandoci sopra da desktop o facendo tap sullo smartphone Behance la mostra in formato galleria, e quindi le posso scorrere, a seconda del device, con la freccina o lo swipe orizzontale. Così si possono visualizzare solo le immagini e saltare invece le descrizioni testuali.
Questo tipo di navigazione permette quindi di saltare le parti testuali. Forse non è la modalità più diffusa: sulla piattaforma infatti ti sarà capitato, come capita spesso a me, di vedere progetti organizzati in una sorta di scroll infinito, in cui le immagini sono legate una all’altra da elementi che si completano man mano.
Di sicuro si tratta di un bell’effetto, ma va costruito in modo che comunque il progetto si possa navigare in maniera corretta, come ti ho appena descritto.
In che lingua si scrive il portfolio da graphic designer?
Per il caso studio di Grafigata, ma in realtà per tutto il mio portofolio, ho scelto l’inglese.
La ragione, anzitutto, la trovi proprio nella piattaforma: dal momento che Behance è utilizzata in tutto il mondo, scegliere la lingua inglese rende i tuoi contenuti accessibili a chiunque. Se la tua clientela è per lo più italiana una buona idea è quella di affiancare all’inglese anche una traduzione italiana.
Se invece non te la cavi molto bene in inglese puoi utilizzare DeepL: è un servizio di traduzione online che funziona grazie all’intelligenza artificiale. Rispetto ad altri programmi simili che magari conosci già DeepL ti restituisce una traduzione molto più vicina al parlato, a come un madrelingua avrebbe reso lo stesso concetto.
Un caso studio comincia dal cliente
Il primo argomento da affrontare quando presenti il tuo caso studio è di sicuro il profilo del cliente. È utile chiarire la sua identità, il suo posizionamento e soprattutto quali sono i problemi che voleva risolvere quando ti ha contattato e quali obiettivi l’hai aiutato a raggiungere.
Nel caso di Grafigata, dal momento che il cliente ero io, sarebbe stato un po’ strano mantenere questa impostazione. Più che altro nella prima parte ho cercato di spiegare come si è sviluppato negli anni il progetto, come si è andata negli anni a costruire la community e gli obiettivi che ha raggiunto.
In ogni caso io ti consiglio sempre di scrivere un’introduzione al tuo caso studio che stia dentro una decina di righe, perché serve a tre scopi:
- dare la possibilità a chi non è interessato di andare oltre: se raccogli queste informazioni in un blocco ordinato all’inizio della presentazione lasci la possibilità a chi non vuole leggere di saltare velocemente questa parte senza creare troppo “peso” visivo.
- dare informazioni (a chi le vuole): chi vuole approfondire deve poter trovare tutte le informazioni di cui ha bisogno
- agire sulla SEO (che significa search engine optimization): per farla breve, inserire informazioni di testo migliora le tue possibilità che i motori di ricerca mostrino il tuo sito, il tuo portfolio o ancora il tuo profilo Behance
La struttura della presentazione
Naming e brand identity
Per popolare il mio personalissimo caso di studio ho cominciato con una serie di grafiche che servono a illustrare passo passo la costruzione della brand identity.
Come prima cosa era necessaria una spiegazione riguardo alla scelta del naming, dato che il gioco di parole può risultare incomprensibile per chi non è di madrelingua italiana.
Quindi mi sono soffermato sul logo, in particolare su logotipo e pittogramma, e mi sono assicurato di far emergere il rimando al concetto di “rivoluzione creativa”.
In particolare la freccia (te l’eri mai chiesto?) ha proprio il significato di cambio di direzione, cambiamento, rinascita: in una parola, rivoluzione. E dove punta questa rivoluzione? Verso il punto esclamativo, quindi verso l’entusiasmo e la creatività.
A questo punto sono passato a illustrare, seppur in modo abbastanza sintetico, qualche tratto della brand strategy di Grafigata!; in particolare ho cercato di rappresentare in modo efficace la gerarchia di brand. Se ti sei occupato in un tuo caso di studio di qualcosa di simile per un brand ti consiglio di evidenziare questi passaggi, che danno spessore al progetto.
In futuro penso di arricchire la presentazione con alcuni elementi che chiariscono il posizionamento di Grafigata! sul mercato e quale sia la sua unique selling proposition. Ti ricordo però quanto ho anticipato: il caso di studio deve risultare ricco e ben argomentato, ma mai troppo lungo da consultare.
La tipografia
Un elemento che penso sia comune a moltissimi casi di studio è lo studio della tipografia.
Per Grafigata! ho deciso di dare parecchio spazio a questa sezione, anche perché è di grande importanza nel progetto. Si comincia con i font che utilizzo nella comunicazione e quindi del Frutiger, che è in assoluto uno dei miei preferiti (ne ho parlato anche qui).
Ho aggiunto anche un po’ di testo, che serve, come ti anticipavo, sia a fornire più informazioni in modo chiaro, sia a migliorare il posizionamento di questo contenuto.
Ho anche messo in pratica quello che ti consigliavo prima: se infatti scrolli in verticale potresti avere l’impressione che tutta questa parte sulla tipografia sia un’unica grafica. Ma se clicchi su una parte d’immagine ti accorgerai, invece, che è formata da tre immagini diverse. Immagini che presentano degli elementi di collegamento, ma che rimangono sensate, e “funzionano”, anche se viste una per una.
Ti ricordo un dettaglio tecnico: per ottenere questo effetto è necessario scegliere, dalle opzioni di stile dell’editor di Behance, una spaziatura del contenuto pari a 0. Questo può darti qualche problema quando, per esempio, vuoi inserire tra un’immagine e l’altra del testo. Puoi risolvere però in maniera molto semplice sfruttando delle righe vuote ottenute con un “a capo”.
Ho mostrato anche come è strutturato il sito e come utilizziamo i diversi font sulle varie interfacce web, social compresi.
Quindi ho inserito altri elementi legati al brand, ad esempio le icone che utilizziamo nelle pagine di vendita dei corsi.
La declinazione del brand
Ho arricchito il caso studio con alcune immagine che mostrano le varie declinazioni del brand, per esempio sul merchandising.
Ho inserito infatti una foto del packaging che abbiamo creato per i prodotti del Grafigata Shop e una della nostra maglietta. Anzi, approfitto per anticiparti che a breve la troverai di nuovo disponibile.
Come ultimo elemento del caso studio ho inserito alcune immagini che descrivono la UI di Grafigata.com. Per mostrare differenti immagini affiancate ho sfruttato la funzione Galleria dell’editor di Behance.
La chiusura
Mi piace sempre chiudere la presentazione dei casi studio in portfolio con un ringraziamento.
Quindi puoi aggiungere del testo, anche un semplicissimo “Thank you” va bene. Ti consiglio anche di aggiungere un link: io, ovviamente, ho inserito il link a paolobortolotti.com.
Ora il mio caso studio potrebbe già essere pubblicato. In realtà credo che col tempo andrò ad aggiungere altri elementi, che anche tu potresti trovare interessanti per i tuoi casi studio.
Ad esempio una slide che rappresenti la nascita dell’idea di Grafigata, una che illustri il posizionamento del brand sul mercato. O ancora una sezione per analizzare i colori del marchio.
La pubblicazione
A questo punto ho deciso di pubblicare il caso studio. Pubblicare su Behance è molto semplice, basta cliccare su “Pubblica progetto”. A questo punto il progetto è visibile e viene creato un link che ti permette di condividerlo, ad esempio sui social.
E adesso? è finita qui? No di certo!
Il bello di creare un portfolio per i tuoi lavori di graphic design su una piattaforma web, invece di stamparlo su carta, è proprio la possibilità di tenerlo sempre aggiornato. Anzi, io spesso aggiorno i miei casi studio su Behance. Magari perché lo stesso cliente mi ha chiesto un nuovo lavoro, o mi ha inviato delle foto.
O ancora perché ho pensato a modi nuovi e migliori per arricchirlo. Oppure, e non è così raro, una volta pubblicato mi sono accorto, o mi hanno fatto notare, che qualcosa non andava.
Ad esempio in questo caso mi sono accorto di non aver impostato nel modo giusto la copertina. Ma grazie alla funzione di modifica posso andare a inserirla come la volevo e anche a completare delle informazioni che avevo tralasciato e che invece sono importanti per essere trovati su Behance: ricorda anche tu, quindi, di indicare sempre quali sono i software che hai utilizzato per il progetto. È molto utile anche compilare bene le “etichette progetto”, che sono come delle keyword attraverso cui il tuo caso studio può essere trovato all’interno della piattaforma
Un altro grande vantaggio nell’avere un portfolio a cui possono accedere in tanti è proprio la possibilità di ricevere dei feedback. Io ti consiglio proprio di richiederli attivamente: attraverso la piattaforma stessa di Behance, oppure tramite i social.
Magari i primi e più importanti feedback sono quelli che ti arrivano dalla tua cerchia più stretta di relazioni, dagli amici, dai colleghi. Ma se riesci a farti dare dei riscontri anche dagli utenti dei diversi canali web fanne tesoro, ti sarà molto utile.
Conclusioni
Facci sapere nei commenti cosa secondo te manca in questo caso studio